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Antonio Beltramelli

Le novelle della guerra

Treves, Milano, 1913

Furono successivamente raccolte in A. Beltramelli, "Le novelle", Milano, Mondadori, 1941, pp. 1033-1235.
Nella prefazione, "Per ricordare", è brevemente tracciata la storia del colonialismo italiano, letto come “fatalità di un disegno storico”, dai pionieri a Dogali, da Adua alla guerra attuale (1912). Quest'ultima e le sue ore di entusiasmo manifestano quello che in precedenza era stato assente: “un assurgere dello spirito collettivo e il formarsi di una individualità nazionale”; e non per nulla hanno avuto il “il loro Grande che le cantò. Ricordo il commovimento ineffabile che passava, alle trincee, pei crocchi intenti alla lettura di una nuova Canzone. Erano volti di fanciulli e di eroi, cuori incorrotti, anime di fede. Si protendevano ad ascoltare con negli occhi una smarrita letizia. Sentivano la grande voce della Patria attraverso l'anima del suo Poeta. Forse la bellezza di questa compiuta unità di un popolo non s'intende tuttavia. Il genio della stirpe accomunò allora il più grande al più umile e non vi fu disarmonia nessuna. Ogni cosa meschina: gli odî, i livori, le basse brutture non furono più, parve non fossero state mai. L'Italia non aveva che il suo destino. Era sorta e camminava”. L'oggi e in antitesi al passato, che pure ebbe i suoi eroi: nell'ottica del martirologio è infatti il primo racconto, dedicato ai caduti di Adua. Il secondo presenta la conversione di un giovane socialista all'etica della patria durante la guerra in Africa; ciò gli consente di reintegrarsi nella tradizione familiare-contadina e di esserne nuovamente e attivamente partecipe. Il terzo mostra la politica nazionale (Pio IX, Garibaldi, la guerra libica) nell'ottica paesana di tre nonne: una, morendo, regala la medaglia di Calatafimi al reduce di Tripoli, con ciò assimilando risorgimento e colonialismo. Il recupero della salma del figlio ucciso dai “cani”, che occupano l'Epiro, è l'epica impresa notturna di un padre e della sua famiglia nel mare ch fu già colonizzato dai veneziani. Altre novelle hanno ambientazione libica: l'eroismo e il martirio sono celebrati in I superstiti, di cui è notevole anche l'introduzione autoriale (introduzione presente in quasi tutti i racconti). Pietro Aresu illustra una vicenda familiare e generazionale: l'eroe eponimo è la generosa espressione del Risorgimento, ma ora, nuovo Cincinnato, è chiuso nella sua casa, deluso dal figlio Valerio, che rappresenta la meschina Italia succeduta all'epopea unitaria. Il nipote Giovanni nuovamente accoglie in sé le idealità del nonno: favorito in ciò dalla nuova ventata di eroismo prodotta dalla guerra di Libia, a cui andrà volontario e in cui morirà. In "In morte di un eroe" è celebrato un aristocratico, il primo italiano a toccare il suolo libico e a morire: anche la classe degenere entra così nell'epopea coloniale; gli umili sono invece al centro dei due racconti successivi (giusta la convinzione che: “Sempre sono nella tenebra le forze maggiori o migliori”). È la stessa concezione interclassista del colonialismo, che accomunava tutti i gradi della società nella ricezione delle Canzoni dannunziane.

novella - raccolta di novelle

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