Il Corriere della Sera
Gino Berri
Episodi eroici a Homs
la morte del cap. Basteri- La nobile abnegazione di tre soldati
Venerdì,17 maggio 1912- Anno 37- Num. 136, pp 3
Il "Corriere" aveva pubblicato, con la data 3 maggio, nel numero 127 dell’8 maggio, un breve resoconto di Berri su un attacco notturno di arabo-turchi a Lebda, seguito alla vittoria italiana del 2: qui si riprendono e si ampliano notevolmente alcuni episodi di quanto avvenuto nella giornata del 3 maggio. Si tratta di atti di eroismo fra loro concatenati e tutti generati dall’episodio di valore costato la vita al capitano Basteri nel corso dell’esplorazione dell’oasi "fittissima" di Sliten. Morto il Basteri, il giovane sottotenente De Angelis guida la "difesa disperata" di un drappello del 37º fanteria intorno a un pozzo-cisterna e riesce a ricondurre al sicuro i suoi uomini. Resta il problema del cadavere del capitano, da recuperare: questo tentativo di recupero comporta la morte del bersagliere Vito Manzo, il ferimento del sottotenente La Stella e, infine è concluso dal bersagliere Adiranno Benna.Il Benna è protagonista anche di un secondo episodio eroico: sotto il fuoco, dopo il cadavere del cap. Basteri riprende anche il cadavere del commilitone Manzo. Come di consueto Berri è un po’ burocratico e sonnolento nello stile con cui cita i plotoni, i comandanti, i movimenti di truppe ed anche i suoi tentativi di vivacizzare il testo con l’inserzione di dialoghi eroici e quindi edificanti non ottengono l’effetto voluto: " –Ragazzi- grida il sottotenente- fermi tutti, al vostro posto! Guai a chi fa un passo! Fuoco, sempre fuoco!" " – Non dubiti, signor capinao: qui resteremo fino all’ultimo.- Mi raccomando…- ripete il capitano. Ma nello stesso istante cade a terra fulminato senza pronunciare più parola". Abbastanza efficace appare invece la descrizione del recupero del capitano caduto da parte del Benna, benché Berri non risparmi al lettore la notarile enumerazione dei colpi da lui ricevuti : "Allora, furibondo, il bersagliere Adriano Benna piglia la corsa verso l’avvallamento e quando è vicino si getta a terra, prosegue carponi e raggiunge il corpo del capitano, dietro il quale si cela come dietro una trincea. Dopo qualche secondo lo afferra per le braccia, che si fa passare sulle spalle, si alza e s’incammina verso la ridotta, col cadavere a penzoloni lungo la schiena. Quasi tutta la fucileria nemica l’insegue: intorno a lui un visibilio di pallottole, che miracolosamente non riescono a colpirlo. Il peso è grave, il bersagliere sale verso la ridotta lentamente, curvo, ansante. Egli è riparato a terga dal cadavere e il nemico cerca di colpirlo al fianco sinistro […]. Una pallottola si conficca nel calcio del fucile che il soldato porta a bracc-arm, all’altezza della coscia, un’altra diretta al petto urta contro il serbatoio e vi rimane deformata, una terza […] spacca il risalto in cui s’incastra la baionetta, al sommo della canna. Benna non si sgomenta e continua a salire l’erta […] egli procede fra gli zampilli di sabbia sollevati dai proiettili". Nell’episodio di Benna tocca il culmine il tema centrale dell’articolo: la morte gloriosa in battaglia e la sacralità del corpo dei caduti, sintetizzato dalle parole conclusive, attribuite al colonnello Maggiotto: "Bravi bersaglieri [ Benna e Ronco]! Così si pratica la religione dei nostri morti. Nessuno dei caduti deve mai rimanere nelle mani del nemico!"