Il Corriere della Sera
Renzo Larco
Vita dell’Islam
Mercoledì, 3 luglio 1912- Anno 37- Num.183, pp 3
Il giornalista esordisce con una domanda retorica che chiaramente rivela il ristagnare della situazione in Cirenaica: " Che cosa resta da fare in queste giornate di riposo dalla guerra?" L’articolo rappresenta la risposta a questa impasse: il tema prescelto infatti è talmente generico da permettere a Larco di spaziare su vari aspetti della vita di Bengasi, dalla zona moderna del porto e dei commerci a quella più interna, con le strade sterrate e le case basse senza intonaco, delineando uno scenario senza tempo, di grande miseria ma anche di grande fascino etnografico. Accanto alle descrizioni d’ambiente ( “Passano dei carri che lasciano dei nastri serpeggianti di solchi nella polvere” “Qua e là trovo dei muri diroccati, un mucchio di detriti ingombra la strada”) un grande spazio è occupato dalle descrizione di gruppi umani: “Trovo dei bimbi, negri e arabi che giocano con la stessa grazia dei nostri ragazzi, a nascondersi nel vano delle porte e a ritrovarsi e acchiapparsi di corsa.”; “Tra i vecchi si ritrovano dei campioni magnifici di quegli antichi giudei ricordati in tutti i quadri seicenteschi della scuola bolognese, dal viso arrotondato da una vigorosa barba nera e il corpo rivestito di un sontuoso mantello di fine panno”; “ Donne arabe chiuse in coperte grigie, pingui e pigre, ci sfiorano in silenzio, procedendo in corteo le une dietro le altre, calzate in flessibili ciabatte di marocchino lavorato a fini fregi di colore; le negre ci guardano ridendo goffe e passano con un tintinnio di braccialetti d’argento alle caviglie; delle ebreee si affacciano per un istante sulle porte delle loro case dove si lava e si sciacqua perennemente; esse ci appaiono con una visione rosea di belle carni abbaglianti e schivano gli sguardi”. Né mancano sfumature razziste:“è una complicazione straordinaria di razze che si rivela nelle sfumature del colorito e in certe curiose espressioni delle bocche e degli occhi. Vi sono ad esempio dei piccoli negri bellissimi e regolari come un puro bianco, accanto a dei mostruosi profili deformati da un prognatismo animalesco”; “Ben poche sono le tracce d’un’arte antica su queste case bangasine. Le tradizioni si sono andate inselvatichendo e le sorgenti inaridite”. La parte più interessante dell’articolo è forse quella in cui Larco si confronta con il mito romantico dell’Oriente, “mistificazione colossale”, posticcio “luogo di sorpresa e di ammirazione obbligatoria per la gioia dei touristes”. Il giornalista contrappone questo Oriente da cartolina ( “che si vede”), all’Oriente come stile di vita ( “ che si sente”) e in tono lirico innalza un vero inno di malinconico commiato a questa “vita dell’Islam”, “misterioso e dolcissimo”, che dà il titolo all’articolo: “Quando noi saremo fuggiti dalle vie della miseria d’Oriente, vi torneremo schiavi dell’incantesimo di questa civiltà nostalgica; noi sentiremo serpeggiare per le nostre vene quasi la malìa di un canto voluttuoso, e sul tessuto delle nostre idee, sulla immaterialità dell’anima vagabonderà quel senso inesprimibile di insolazione, che è un fantasticare malinconico e triste e molle e raro insieme. Questa vita dell’Islam ci prende poco a poco senza scosse e violenze, ma con una dolcezza che ha della beatitudine”