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Il Corriere della Sera

Guelfo Civinini

La sanguinosa incursione notturna.

Lo spettacolo della popolazione fuggita

9 gennaio 1912, Anno 37-Num.9, pp 1

Titolo complessivo:"Le violenze e i saccheggi dei predoni arabi a Gargaresch. Sottotitolo Gli abitanti si rifugiano a Tripoli. Tre ore di combattimenti a Homs." L’articolo di fondo di Giorgio Bompiani, "Il fatto di Gargaresch", ha un carattere politico-militare e mira a interpretare l’avvenuto assalto a Gargaresch come un"atto brigantesco a scopo di intimidazione politica, che deve prendersi in esame per la sua inevitabile ripercussione sulle operazioni militari". Al centro, su 4 colonne è collocato il corsivo di G. Civinini, "La sanguinosa incursione notturna. Lo spettacolo della popolazione fuggita" L’articolo, organizzato in quattro paragrafi (Una scena indimenticabile; La razzia; I feriti; Un segno di disorganizzazione?), riprende il tema imbarazzante dell’inerzia italiana a Gargaresch, l’oasi saccheggiata dai turchi, i cui abitanti nella notte sono stati costretti a fuggire verso il mare: "L’alba di ieri ci ha fatto scoprire, a più di mezzo chilometro fuori dai nostri trinceramenti uno strano accampamento. Tutta la popolazione dell’oasi di circa centocinquanta persone tra grandi e bambini era là raccolta, accovacciata nella sabbia, in mezzo agli scogli della spiaggia dove aveva passato la notte intirizzita, tremante, aspettando di vedersi ripiombare addosso la banda dei predoni che l’aveva costretta a fuggire dalle case e l’aveva inseguita a fucilate sino all’estremo limite degli orti." L’idea è quella, da un lato, di degradare i "nemici" della notte precedente da "soldati" a "predoni", armata variopinta in cui "tra i barracani degli ’askersousa’ si mischiavano le lacere uniformi dell’esercito turco", "gente affamatissima che si buttava su tutto quanto vi fosse di mangiabile"e, dall’altro, di sminuire la portata dei danni, descrivendo in modo pittoresco e caricaturale le vittime e le loro "povere robe", gli " asinelli e le […] vaccherelle, tre o quattro cammelli in mezzo a mucchi di sacchi, ceste di cocci, cataste di piccole masserizie di ogni genere"; "un vecchio veniva avanti a balzelloni, reggendo sul dorso un armadio; un altro si era caricato sulle spalle una rete elastica d’un letto […] una donna zoppa d’una gamba, anchilosata, quasi scheletrita, portava addosso una dozzina di paioli e di pentole di ferro e trascinatasi dietro, al laccio come un cane, una piccola gazzella". A un tratto, sotto gli occhi dell’inviato speciale "corso verso di essi con un drappello di soldati del 37 fanteria", la scena si anima di grida e di gesti: "quasi tutti al nostro apparire si sono alzati agitando le braccia, gridando in coro, colle loro strane voci gutturali in cadenza:Taliani! Taliani! […] Le donne erano le più loquaci: avevano nella voce intonazioni di terrore, si agitavano in gesti disperati, si battevano il petto, si scarmigliavano i capelli". L’argomento femminile è il vero punto dolente dell’articolo: Civinini accenna in modo un po’ pruriginoso agli stupri e i rapimenti di donne avvenuti nella notte, per poi commentarli in modo spietatamente caricaturale ( Povera sceicchessa! Deve la sua mala sorte alla sua posizione e non certo alle sue grazie. L’avevo vista due o tre volte […] era una donnetta sulla quarantina, e da queste parti a venti anni molte rose sono già sfiorite". L’articolo, iniziato con la descrizione dell’alba si conclude con la descrizione della notte ed a questo punto, per mantener fede a un intento normalizzatore, il cronista è costretto al paradosso: "le sentinelle hanno sorvegliato attentamente l’oasi. Nulla si è sentito o veduto" eppure a mezzanotte il gran latrare dei cani rimasti nell’oasi ha segnalato che "i predoni dovevano essere tornati. Un informatore ci ha confermato infatti stamani che la stessa banda si è ripresentata" per terminare il saccheggio. Inevitabile, si direbbe, l’invito ultimo di Civinini ai comandanti dell’esercito a considerare gli effetti morali negativi che questa mancanza di protezione può generare tra la popolazione indigena.

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