Illustrazione italiana
Romualdo Pàntini
Heu Rispa Felix! Elegia sui martiri di Libia deidcata a Marius Pictor
14 luglio 1912- Anno XXXIX- Num.28, pp 40
Viene pubblicata con un certo rilievo la poesia Heu Rispa Felix!, una cupa elegia sulle madri dei caduti scritta dall’abruzzese Romualdo Pàntini, critico d’arte su "Emporium" e la "Nuova Antologia",e anche sulla stessa "Illustrazione" ( suo, ad esempio l’articolo su Lorenzo Alma Tadema del 7 luglio), il cui testo La madre al figlio lontano sarà musicato da Ildebrando Pizzetti. Franco Alfano il 25 gennaio 1923 metterà inoltre in scena una breve "azione coreografica di Romualdo Puntini, sulla musica della Suite romantica. Questo il testo di Heu Rispa Felix! " Quale grido d’angoscia nell’alto sopor mi percuote!/ Or affocato or aspro, cupo e infinito sempre.// Ha trascorso i deserti: e come le sabbie è riarso:/ è di salsedin’aspro: ha sorvolato i mari.// Ma da’ millenni giunge e il suono infinito è del tempo./ è l’eco d’ogni angoscia prossima e pur lontana.// Esso è il grido di Rispa, la madre che vigila insonne/ a pie’ dei crocifissi corpi dei sette figli.// Pendon dai tronchi infami la giovin progenie di Saul/ né la falce che impugna rende a la madre pace.// Avidamente biechi tra i nembi starnazzavano i corvi: / di iene e di sciacalli giungon gli ululii.// Ma della madre il grido si eleva squarciando i silenzii/ e sorprese le belve fuggono intimidite.// Ed i corvi ristanno feriti dal grido inumano:/ sempre la madre a sfida, rota la falce e grida.// Grido santo d’angoscia, che sgominasti le belve,/ per tea le grame spoglie l’ultimo scempio è tolto.// E avventurata Rispa, nel suo dolor senza nome,/ or chiamano d’Italia più straziate madri. // Solo in un folle sogno si videro queste apparire/ i proprii figli fatti spettri di crocifissi.// E dall’orror compresso si spense ogn’inutile grido:/ e gli occhi ampii negavan di ravvisare i volti.// E dai monti e dai mari le braccia si tesero indarno/ deprecanti l’estremo strazio a le mambra care.// Cristo Signor, fu il pianto, non per questo noi li nutrimmo,/ non per questo a la patria noi li offerimmo pronte.// Cristo Signor, proteggi le povere membra disfatte:/ il ghigno beduino più d’ogni belva è belva.// Cristo Signor, l’obbrobrio della tua croce bastava/ troppo al nostro notturno spasimo della fede!-// Chi la bestemmia sente fra pianti selvaggi di madre?/ Singhiozza per tre mari senza conforto il pianto."