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Il Corriere della Sera

Luigi Barzini

Lotta d’agguati e d’astuzie a Derna

Il problema degli indigeni. Cannonate al Marabutto. Una strana manovra di cavalli. L’acquedotto rotto ancora. I turchi ci rubano delle torpedini terrestri

Sabato, 6 aprile 1912, Anno 37- Num.97, pp 1

. L’articolo è organizzato per fogli di taccuino, datati "Derna, 28 marzo", "Derna 29 marzo", "Derna 30 marzo", "Derna, 31 marzo" e narra rapidamente tutti gli incidenti e i sabotaggi elencati nel sottotitolo. L’impostazione di appunto frettoloso, il piano tono cronachistico, l’uso della prima persona singolare e dei verbi di percezione (“ho incontrato stamane una piccola carovana di arabi che si metteva in viaggio”; “sono le sette del mattino. Echeggiano i boati degli obici” “ieri sera un rombo di cannonate scese portato dal vento”) accentuano l’effetto di racconto in presa diretta e, sul piano del contenuto, garantiscono la fondatezza delle considerazioni strategiche esposte (“Questa guerra è un gioco di scacchi nel quale gli indigeni fanno da pedine.[…] Abbiamo bisogno di aumentare i contatti colle popolazioni, di conquistarne la fiducia, la simpatia”; “fare di Derna una piazza forte inespugnabile e difenderla non basta”; “è vero che la nostra presenza ha portato la prosperità nel paese, ma non in tutte le classi”) e la veridicità dei risultati raggiunti sul piano civile e militare. Proprio la descrizione di un cantiere di costruzioni stradali permette a Barbini di recuperare anche qui la sua vena epica: “tutta la montagna è ora un gigantesco cantiere. […] scoppiano a centinaia le mine; un bombardamento pacifico che produce pietre da costruzione e rimuove i macigni dai tracciati stradali. Risuonano per tutto scalpelli e martelli; un formicolio di soldati anima le bianche strade rotabili che serpeggiano sempre più su nelle vergini balze dell’altopiano. Bianchi e largni muraglioni sorgono, vasti e solenni sulle creste scoscese lungo le quali si profilano interminabili file di soldati con le spalle curve sotto i macigni. Carovane di muli carichi di barili portano l’acqua per fare la calce alle ridotte e fornaci fumano nella valle preparando il cemento. Sopra ogni torre, sopra ogni muro e nelle orcce intagliate della strada iscrizioni latine sono scolpite in caratteri romani.[…] Così operano le nuove legioni di Roma”. La conclusione torna ad evocare, invece, l’impressione di fretta e di immediatezza: il giornalista, pressato dalle esigenze del serivizio postale, non può che attardarsi a ripercorrere i fatti senza cercare di interpretarli: “Cosa avviene? Si concentrano forse contro Tobruk o contro Bengasi?[…] Dove è Enver bey?” "Sono le sette de mattino. Echeggiano i boati degli obici […]. Forse è apparso ancora il fanale ad acetilene. Non so. La posta parte e non ho tempo di informarmi".

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